Quanto Shakespeare! Ma questa volta l’Amleto, che un alquanto improbabile gruppo di attori cercano di mettere in scena all’interno di una chiesa sconsacrata, è diverso.
Amleto, dramma familiare, dramma dell’odio che uccide, dell’ambiguità e della pazzia, si trasforma in un mezzo terapeutico per narrare la storia di singoli personaggi che si incontrano su un palcoscenico e svelano se stessi. Pirandelliano, se non fosse anacronistico, eppure quello a cui si assiste è la storia di attori che nascondono uomini o forse il contrario.
Bravi, chi più chi meno, gli attori della compagnia Tabula Rasa, tra tutti Victor regista-Amleto impersonato da Solimano Pontarollo e Tommaso, un Giuseppe Brazioli convincente e coinvolgente; con loro altri otto personaggi affiatati e impegnati a rendere, ciascuno al meglio, il proprio ruolo. Strappa sorrisi l’interpretazione della regina Gertrude da parte di un uomo e la brava Cristina Bonani è riuscita a rendere la parte della scenografa un piccolo cammeo.
Buona la trovata finale del palco non palco, trasportando il pubblico vero in pubblico-spia da dietro le quinte.
Se fare teatro significa trasmettere emozione e passione la Tabula Rasa ci è riuscita, con buoni risultati.
onali e le musiche (che vanno dal Peer Gynt al tema di "Titanic") creano un commento sonoro azzeccato. Numerosi applausi, anche a scena aperta, nelle due ore di spettacolo.